Un voto per la pace: quale Europa?

Un voto per la pace: quale Europa?

di FABRIZIO UBERTO

Domani e domenica i cittadini Ue sono chiamati a pronunciarsi sulla composizione del nuovo Parlamento Europeo. Ma mai come in questo momento la confusione regna sovrana nelle menti di quanti decideranno di andare alle urne. Il punto è che non si comprende bene per quale Europa si dovrebbe andare a votare, poiché una vera Unione europea, sotto il profilo politico, è pressoché inesistente. Non sono state poche le occasioni nelle quali questa ” inanità” si è rivelata nel corso degli ultimi decenni. Tra queste però spiccano le due guerre che infuocano rispettivamente il Medio Oriente e l’Ucraina. Perché in queste tragiche circostanze, l’Europa avrebbe potuto esprimersi con voce forte e chiara, avviando iniziative diplomatiche, depurate da logiche di bassa tifoseria o cecità ideologica. Al contrario, si è optato ancora una volta per un allineamento acritico sui diktat che provenivano da Oltreoceano.
Ciò è risultato particolarmente evidente nel caso del conflitto Russo-Ucraino, laddove gli Stati Uniti e i suoi sodali hanno imposto una strategia monocorde, esclusivamente militare. Ma mentre più di due anni fa, si poteva concordare sulla necessità di sostenere un Paese illegittimamente aggredito dall’Unione Russa ( la quale aveva però subito in precedenza torti, massacri e minacce su cui è calata una sconcertante censura), oggi, con l’Ucraina quasi integralmente distrutta e migliaia di morti tra soldati e civili, questo ” accanimento terapeutico” per protrarre la mattanza, francamente non si giustifica più. Che cosa avrebbe potuto o potrebbe ancora fare un’Unione Europea degna di questo nome? Semplice. Assumere un ruolo di terzietà, e, visto che nessuno lo fa, adottare un’iniziativa negoziale seria, per nulla remissiva di fronte alle rivendicazioni di Putin, ma che anzi stabilisca condizioni sulle quali lo stesso Autarca Russo sarebbe costretto a pronunciarsi. E cioè: salvaguardia dell’integrità territoriale dell’ Ucraina, sua adesione alla Ue ( ma non alla Nato) e previsione di un referendum sotto l’egida dell’Onu, sull’indipendenza delle popolazioni russofone del Donbass.
E invece niente. Pur consapevoli che il protrarsi della guerra, oltre a comportare gravi ricadute economiche sugli stessi Paesi Ue, ci ha ormai condotto sulla soglia delle terza guerra mondiale, i leader europei si ostinano a parlare solo di armi, ipotizzando recentemente anche la possibilità ( divenuta concreta) di rifornire Kiev di attrezzature militari in grado di colpire il territorio Russo.
Ciò detto, lo scrivente ritiene comunque difficile orientarsi in questa consultazione elettorale. La situazione è densa di chiaroscuri e occorrerebbe evitare non solo di premiare la “cecità” testè descritta, ma altresì di approvare uno ” scenario” che assecondi la tentazione russa di disarticolare le opinioni pubbliche occidentali, favorendo ambigui estremisti che flirtano con gli interessi politico-economici del Cremlino. Un bel dilemma dunque, con un’unica certezza.
Ispirare il nostro voto alle ragioni di una Pace equa, che ci salvi dal baratro in cui stiamo precipitando.

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