Quest’anno si celebrano 1700 anni da un evento decisivo nella storia del cristianesimo mondiale. Il Concilio di Nicea, nell’anno 325, stabilì la teologia della religione che avrebbe segnato in modo decisivo l’evoluzione dell’umanità. A Nicea furono gettate le basi del “Credo” o del “Simbolo della Fede”, una vera e propria professione di fede di tutti coloro che credono nella Resurrezione di Gesù Cristo.
I significati profondi del Concilio niceno si possono comprendere anche dal modo in cui, dopo 1700 anni, entrambe – la Chiesa cattolica e il mondo ortodosso – si sono rapportati a questo evento.
Per entrambe le confessioni cristiane storiche, il “Credo” rappresenta un momento veramente rivoluzionario, una pietra miliare che ha aperto la nuova via della Salvezza. In entrambe le teologie, come si è potuto evincere dai convegni e dai documenti presentati, il momento niceno è considerato determinante non solo in senso puramente spirituale, ma anche culturalmente o socialmente. Perché la “religione dell’amore” ha cambiato in modo sostanziale il paradigma del rapporto dell’uomo con il mondo circostante.
Il documento, elaborato dalla Commissione Teologica Internazionale della Chiesa Cattolica, intitolato “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore”, offre, al di là dei principi teologici, un’autentica piattaforma di dialogo tra le due confessioni cristiane storiche, insistendo sulla “sinodalità” come punto di partenza per l’unità di tutti. È noto che per il mondo ortodosso la sinodalità è il fondamento dell’organizzazione ecclesiastica.
Inoltre, se osserviamo gli eventi di quest’anno dedicati al Concilio di Nicea dalla Chiesa Ortodossa Rumena, possiamo constatare che la nota dominante è stata l’enfasi sul suo carattere sinodale, fondato 1700 anni fa.
Il fatto che nel 2023, nell’ambito dei lavori della Commissione Mista Internazionale di Teologia, per il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, svoltisi in Egitto, il principio della sinodalità sia stato valorizzato a livello accademico può dire molto da questa prospettiva. “Ci sono molte più cose che ci uniscono di quelle che ci dividono”: questa sembra essere stata la motivazione che ha guidato sia la Chiesa cattolica sia molte delle Chiese ortodosse in quest’anno di grande importanza per la cristianità e persino per l’intera umanità.
La prospettiva è quindi ottimistica, sono stati compiuti passi importanti, ma c’è sicuramente ancora molto lavoro da fare. In un contesto internazionale estremamente fluido, la Chiesa può garantire stabilità e prevedibilità, anche se noi laici spesso non ce ne rendiamo conto.