Il dibattito sulla separazione delle carriere tra magistratura requirente (Pubblico Ministero) e magistratura giudicante rappresenta da anni uno dei nodi centrali della riforma della giustizia in Italia. Al di là delle posizioni ideologiche, è fondamentale analizzare con pragmatismo le implicazioni di tale separazione, ponendo particolare attenzione al delicato ruolo del Pubblico Ministero e alle attuali modalità di accesso a questa funzione cruciale.
Il Pubblico Ministero, titolare dell’azione penale, è il primo organo a ricevere e valutare la notizia di reato. Questa fase iniziale è di importanza capitale, poiché da essa dipende l’orientamento delle indagini, la tutela delle vittime, e la corretta individuazione dei responsabili. La sua funzione non è meramente “accusatoria”, ma di garanzia: il PM è chiamato ad accertare la verità, ricercando non solo gli elementi a carico ma anche quelli a discarico, in piena lealtà processuale. È in questa fase che si manifesta l’esigenza di una terzietà e imparzialità che, sebbene costituzionalmente garantita, può essere percepita come messa in discussione dalla contiguità di carriera con la funzione giudicante.
L’attuale sistema, che prevede un concorso unico per l’accesso alla magistratura e la possibilità di passare da funzioni requirenti a quelle giudicanti (e viceversa) durante la carriera, è spesso oggetto di critiche. Si argomenta che tale promiscuità possa minare la percezione di autonomia e indipendenza del PM, generando l’ombra di un “giudice che accusa” o di un “accusatore che un domani giudicherà”. Sebbene l’ordinamento preveda garanzie specifiche per l’esercizio indipendente delle funzioni, la percezione è un fattore determinante per la fiducia dei cittadini nella giustizia.
In questo contesto, la vera questione non si riduce semplicemente alla separazione delle carriere in senso stretto, ma si estende alla necessità di ridefinire le modalità di accesso ai ruoli di Pubblico Ministero. L’obiettivo non è penalizzare chi intraprende questa carriera, ma piuttosto rafforzare l’identità e la specificità del ruolo, dotando il PM di un bagaglio di esperienze e competenze che lo rendano ancor più idoneo a svolgere la sua complessa funzione.
Una Proposta per Ridisegnare l’Accesso alla Carriera di Pubblico Ministero:
Si potrebbe ipotizzare un modello che preveda un concorso di secondo livello per l’accesso alla carriera di Pubblico Ministero. Questo significherebbe che l’aspirante PM dovrebbe già possedere una pregressa esperienza professionale qualificata, maturata in ambiti che forniscano una solida base di conoscenza del diritto, della realtà sociale ed economica, e delle dinamiche investigative.
Nello specifico, le modalità di accesso potrebbero essere diversificate:
- Accesso diretto per Giudici con Esperienza: Potrebbe essere previsto un “concorso per titoli” riservato a chi ha già svolto la funzione di giudice per un periodo minimo di 5 anni, con un passaggio su richiesta e previa valutazione dell’idoneità. Questa opzione permetterebbe di capitalizzare l’esperienza maturata in sede giudicante, garantendo una profonda conoscenza del processo e delle garanzie.
- Concorso per Professionisti del Diritto: Un’altra via potrebbe essere un concorso aperto a chi ha esercitato la professione di avvocato per un numero significativo di anni. L’esperienza forense, a contatto diretto con le esigenze dei cittadini e le dinamiche processuali da un’altra prospettiva, fornirebbe al futuro PM una visione più completa e sensibile alle diverse posizioni in gioco.
- Concorso per Funzionari della Pubblica Amministrazione: Infine, si potrebbe prevedere un concorso per funzionari con laurea in giurisprudenza che abbiano ricoperto ruoli direttivi nella pubblica amministrazione. Questa esperienza fornirebbe competenze in materia di organizzazione, gestione, e conoscenza approfondita delle normative che regolano settori complessi, spesso oggetto di indagini penali.
Questo approccio, lungi dal voler creare una gerarchia tra le professioni giuridiche, mirerebbe a selezionare per il ruolo di Pubblico Ministero figure che abbiano già dimostrato capacità di analisi, autonomia di giudizio, e una maturità professionale acquisita sul campo. L’integrazione di queste diverse esperienze contribuirebbe a formare Pubblici Ministeri con una visione più ampia e articolata delle problematiche giuridiche e sociali, rafforzando la loro capacità di discernimento e la loro terzietà.
In conclusione, la separazione delle carriere tra Pubblico Ministero e Giudicante non è un mero esercizio formale, ma una potenziale leva per rafforzare la credibilità e l’efficienza del sistema giustizia. L’importanza del ruolo del Pubblico Ministero, custode della legalità e garante dell’accertamento della verità, impone una riflessione profonda sulle modalità con cui si accede a questa funzione. Modificare il percorso formativo e professionale dei futuri PM, rendendolo più selettivo e basato su esperienze pregresse qualificate, potrebbe essere il passo decisivo per garantire un Pubblico Ministero ancora più indipendente, imparziale e, in definitiva, più efficace al servizio della giustizia e dei cittadini.