Torno a scrivere su un argomento già affrontato in passato, (la responsabilità penale dei medici nell’esercizio delle loro funzioni”, per due motivi:
- L’essere umano ha la memoria corta;
- Spieghiamo ai medici che le linee guida e i protocolli non sono legge.
Iniziamo con lo spiegare cosa sono le linee guida e i protocolli.
In Sanità le Linee Guida sono conosciute come raccomandazioni di comportamento clinico, ossia, sono un ausilio fondamentale nel processo decisionale.
Le Linee Guida (LG) si orientano alla produzione di un risultato lasciando un margine di flessibilità a chi le dovrà applicare; l’obiettivo è quello di fornire una guida, per i professionisti sanitari e per gli utenti, sulla scelta di modalità assistenziali più appropriate in determinate situazioni cliniche garantendo la chiarezza dei percorsi e delle responsabilità.
I Protocolli sono strumenti scritti di integrazione a carattere prescrittivo, di natura prevalentemente orizzontale, REDATTI dal gruppo infermieristico o interdisciplinare che traducono conoscenze scientifiche in comportamenti professionali. Il comportamento professionale che ne deriva dal loro utilizzo, descrive una serie di azioni fisiche, mentali e verbali ben definite, quindi un modello formalizzato di comportamento professionale.
Poiché vengono utilizzati dai medesimi professionisti che li redigono su basi scientifiche ed esperienziali, possono essere impiegati solamente nello stesso contesto nel quale vengono elaborati, quindi con dei limiti.
Esse si orientano alla produzione di un risultato lasciando un margine di flessibilità a chi le dovrà applicare;
La giurisprudenza riconosce al sanitario uno spazio di discrezionalità tecnica, purché ogni sua scelta sia basata su dati oggettivi e riscontrati.
Ecco perchè è sempre riconosciuta la responsabilità penale dei medici, perchè è riconosciuta loro la libertà di una scelta diversa da quella indicata dalle linee guida, che sono generiche.
Quanto scritto fino ad ora, trova risconto nella recente sentenza della Corte di Cassazione n. 40316 del 4 novembre 2024, in cui viene ribadito un principio cruciale in materia di responsabilità medica: “il sanitario ha il dovere di discostarsi dalle linee guida quando le condizioni cliniche del paziente e le buone prassi mediche lo richiedano.“
Questo avviene quando il rispetto delle linee guida non è sufficiente al caso concreto perchè inadeguato rispetto all’obiettivo della migliore cura possibile per il paziente.
La Suprema Corte in questa sentenza ha richiamato una giurisprudenza consolidata che attribuisce alle linee guida una funzione orientativa, non vincolante. Le linee guida, secondo i giudici, non hanno carattere precettivo assoluto, bensì devono essere considerate come regole cautelari flessibili, valide solo se adeguate al caso specifico, come stabilito dalle sezioni unite Mariotti (SS. UU. n. 8870/2017), il medico ha il dovere di adottare un approccio critico, discostandosi dalle indicazioni standard quando le condizioni cliniche del paziente lo richiedano.
Pertanto, il principio fondamentale per la responsabilità medica: le linee guida non rappresentano uno “scudo” per il sanitario, ma uno strumento di orientamento che deve essere integrato con una valutazione attenta e personalizzata del paziente l’obiettivo di garantire la migliore cura possibile.
A sostegno di tale posizione, un ulteriore richiamo al costante orientamento giurisprudenziale è il seguente: “in tema di responsabilità medica, il rispetto delle linee guida accreditate presso la comunità scientifica non determina, di per sé, l’esonero della responsabilità penale del sanitario ai sensi dell’art. 3 del D.L. 13 settembre 2012, n. 158 (conv. in legge 8 novembre 2012, n. 189), dovendo comunque accertarsi se la specificità del quadro clinico del paziente imponesse un percorso terapeutico diverso rispetto a quello indicato dalle linee guida” (Cass. Pen., n. 244555/2015).
Auspico che quanto fin qui scritto, faccia da monito ai medici che ancora in questi giorni, negano cure, diagnosi e interventi programmati alle persone che si recano in ospedale e rifiutano di sottoporsi al tampone per la ricerca del sars-cov-2 (non obbligatorio per legge), raccomandato da una circolare che non ha valore, perchè non richiama alcuna legge e perchè in quanto circolare, è un atto amministrativo di organizzazione interno alla pubblica amministrazione e il suo contenuto non può essere imposto ai cittadini terzi estranei alla P.A.
Pertanto i medici che negano cure, diagnosi e interventi sono suscettibili di denuncia per omissione di atti di ufficio ed inoltre stanno violando:
Artt. 3 e 32 della Costituzione Italiana;
Artt. 5 e 26 Convenzione di Oviedo;
Art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea o Carta di Nizza.
La stessa responsabilità penale, ricade anche sui sanitari che in questo periodo si rifiutano di eseguire gli interventi ai bambini che non sono in regola con il calendario vaccinale.
Negare le cure o gli interventi ai bambini perchè non i regola con il calendario vaccinale, è una arbitraria decisione del medico e del direttore sanitario, in quanto il D.L. 73/2017 convertito con modificazioni con la legge 119/2017 non dispone alcuna limitazione alle cure o a interventi in assenza di vaccinazioni.
PS: riporto qui di seguito il link sull’assenza di scudo penale per i medici che hanno inoculato nel periodo covid:
Francesco Paolo Cinquemani
*avvocato