L’affermazione del noto analista britannico Mark Galeotti, secondo cui entreremo in un’era di guerra permanente, suscita certamente preoccupazione.
D’altra parte, alcuni potrebbero sostenere che nessuno rischierebbe una guerra totale in cui non ci sarebbero né vincitori né vinti. Tuttavia, esiste un paradosso importante. Oggi, grazie agli sviluppi tecnologici, molti stati dispongono di armi intelligenti che consentono di condurre conflitti puntuali, ben circoscritti, sottili e ampiamente controllabili. In altre parole, è possibile condurre conflitti quasi permanenti, che dureranno finché soddisferanno le esigenze strategiche delle grandi potenze.
La principale esigenza strategica delle maggiori potenze mondiali è il raggiungimento di un’intelligenza artificiale suprema, che consentirà a chi ha chiuso il gioco di mantenere l’egemonia per i prossimi secoli, probabilmente.
Un’altra fonte della spirale di guerra può essere identificata nel messianismo geopolitico. Può sembrare banale, ma a un’analisi approfondita si nota che alcuni stati orientano la loro politica estera in base all’interpretazione di testi spirituali.
Inoltre, è necessario affermare che il fattore spirituale ha e avrà un ruolo significativo nella definizione del nuovo ordine mondiale. L’uomo non può vivere e agire senza un’ideologia, quindi senza la dimensione spirituale. Indipendentemente da cosa questa sarà o da come metterà in relazione l’individuo con il trascendente.
Infine, ma non meno importante, un’altra premessa della guerra permanente potrebbe risiedere nella ricerca di un equilibrio di potere a livello internazionale. Da questa prospettiva, ogni grande potenza sarebbe bloccata da un conflitto di prossimità o per procura. Come su una scacchiera, direbbe il grande Brzezinski. Almeno fino al distacco del nuovo egemone e alla chiusura del gioco mondiale di cui parlavo prima.
Cosa si deve fare? Cosa rimarrà da fare alla maggior parte della popolazione nel nuovo paradigma? Ci sono sempre delle opzioni. Se la mente umana non può fornirle, le riceveremo sicuramente dall’intelligenza artificiale. E così potremo almeno essere spettatori nella scrittura del nostro futuro.
di Antoniu Martin, storico ed analista politico