C’è una domanda che oggi risuona nelle scuole, nelle piazze, nei centri giovanili: perché i giovani si allontanano dalla politica? La risposta non è semplice, ma è sincera: troppo spesso, la politica non rispecchia il futuro che i ragazzi immaginano. Anzi, in molti casi, lo contraddice apertamente.
Le nuove generazioni crescono in un mondo frenetico, fragile, attraversato da crisi ambientali, economiche e sociali. Cercano coerenza, trasparenza, visione. E invece si ritrovano davanti a una politica che, in molti contesti, parla un linguaggio lontano dalla loro realtà: urlato, divisivo, aggressivo. Un linguaggio che separa più che unire, che confonde invece di chiarire. È difficile sentirsi rappresentati da parole che sembrano pensate più per ferire l’avversario che per costruire qualcosa di comune.
I giovani osservano, ascoltano e prendono nota. Vedono promesse disattese con leggerezza, decisioni ribaltate in pochi mesi, responsabilità scaricate da un lato all’altro come fossero fardelli da evitare. Assistono a dibattiti pubblici dove la polemica conta più dell’argomentazione, la visibilità più della competenza, la battuta più della visione. E così, piano piano, si fa strada l’idea che “la politica non fa per loro” e non perché manchi il desiderio di partecipare, ma perché manca un esempio credibile di come farlo.
A tutto questo si aggiunge la mancanza di trasparenza. I giovani chiedono chiarezza nei processi decisionali, coerenza nelle azioni, un dialogo aperto con i cittadini ma, spesso, ricevono messaggi confusi, comunicazioni contraddittorie, gesti che smentiscono le parole.
E nulla alimenta la disaffezione quanto la sensazione che “dietro ci sia altro”, che la verità resti nascosta, che il bene comune non sia davvero al centro. Se poi si scopre pure che “l’altro” non era una semplice sensazione, amen!
Eppure, in questo scenario complesso, i giovani custodiscono valori forti, etici e civici, che meritano di essere ascoltati, sostenuti, valorizzati. Valori che non hanno bisogno di ideologie, ma di esempi concreti.
Molti giovani vogliono davvero impegnarsi, ma rifuggono tutto ciò che è superficiale. Per loro ogni decisione ha un peso, e chi guida deve assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Cercano rispetto, ascolto, empatia, luoghi dove potersi esprimere senza scontri e immaginano un clima simile anche nei contesti istituzionali. Hanno un forte senso di giustizia ed equità, non sopportano favoritismi, scorciatoie o incoerenze che vedono spesso negli adulti.
Per loro, il pianeta è una casa comune da proteggere, non una risorsa da sfruttare, e la sostenibilità non è una tendenza, ma un’urgenza. Non si riconoscono nei leader solitari o nei personaggi carismatici che agiscono da soli ma preferiscono la collaborazione, il lavoro di gruppo, la condivisione delle responsabilità. Sono attratti dal cambiamento, amano la creatività e l’innovazione, ma vogliono che queste siano strumenti reali per il bene di tutti, non semplici frasi da campagna elettorale.
Valorizzare questi valori vuol dire aprire un dialogo autentico. Dove ascoltare davvero i giovani, includerli nei processi decisionali, riconoscere le loro esigenze senza trattarli con superiorità, offrire comportamenti coerenti e ripulire il dibattito pubblico dalla violenza verbale. Vuol dire ridare senso alla politica, che non dovrebbe essere uno scontro continuo, ma un luogo dove si costruisce insieme il senso profondo di comunità.
I giovani non sono distanti dalla politica perché non la capiscono, ma proprio perché la capiscono fin troppo bene. E quello che vedono, spesso, non somiglia alla società che vogliono costruire. Ma se gli adulti sapranno offrire esempi concreti, parole nuove e visione, quella distanza potrà trasformarsi in un percorso di ritorno.
Perché ogni generazione, in fondo, cerca solo qualcuno che dimostri che cambiare il mondo è ancora possibile.
Giuseppe Labita @2025
