Zibibbo Kid: il western umano e ironico che racconta la frontiera come luogo dell’anima

Zibibbo Kid: il western umano e ironico che racconta la frontiera come luogo dell’anima

Ci sono romanzi che si muovono all’interno di un genere e romanzi che lo attraversano per trasformarlo. Zibibbo Kid di Fabio Gimignani appartiene con decisione alla seconda categoria. Ambientato nel 1896 tra Sicilia e Nuovo Messico, il libro non è solo un omaggio al western: è una riscrittura giocosa e profonda di un immaginario che tutti crediamo di conoscere, ma che l’autore rilegge attraverso lo sguardo timido, disarmante e sorprendentemente autentico di un ragazzo di diciannove anni.

Il protagonista lascia Misilmeri per raggiungere Mesilla, dove un’eredità misteriosa del cugino lo attende insieme a un destino che non aveva mai immaginato. La partenza non è un atto eroico, ma un bisogno semplice e umano: cercare una direzione nella vita. E già in questa scelta si percepisce la cifra del romanzo. Lungi dall’essere un pistolero predestinato, il giovane è un ragazzo qualunque, cresciuto in un piccolo paese, con più dubbi che certezze. Eppure, proprio lui diventerà il perno di un’avventura straordinaria, fatta di incontri imprevedibili, personaggi eccentrici, duelli che sembrano usciti da una pellicola d’altri tempi e momenti di poesia inattesa.

Gimignani gioca con gli stereotipi del western senza deriderli: li avvicina con affetto, li smonta con leggerezza e li ricompone in una forma nuova. Non c’è traccia di eroismi muscolari. Qui il coraggio non è nella mira perfetta o nella durezza di uno sguardo, ma nella capacità di restare umani in un mondo che chiede tutt’altro. Il protagonista, infatti, impara presto che la frontiera non è solo un luogo geografico: è un territorio simbolico, il punto in cui si decide se soccombere alla brutalità del contesto oppure trasformare la propria fragilità in una risorsa.

La scrittura, fresca e vivace, ha un ritmo cinematografico che avvicina il lettore alla polvere, al rumore dei saloon, alle tensioni improvvise che si sciolgono in una battuta inaspettata. Ma accanto all’ironia, che è una delle colonne portanti del libro, emerge un altro elemento fondamentale: la tenerezza. Il romanzo è costellato di momenti in cui l’autore scava nella dimensione emotiva del protagonista, rivelando un giovane che osserva il mondo con stupore e paura, e che impara a conoscere sé stesso proprio mentre affronta situazioni più grandi di lui.

Zibibbo Kid è anche una storia sull’identità. Il ragazzo che parte dalla Sicilia è convinto di sapere chi è; il giovane uomo che affronta la frontiera scopre invece che le definizioni non bastano e che crescere significa saper convivere con l’imprevisto. In questo senso il romanzo parla ai lettori di ogni età: racconta la condizione universale di chi cerca il proprio posto nel mondo, di chi affronta il dubbio e la solitudine, di chi desidera diventare qualcuno senza perdere sé stesso.

Sul piano tematico, il libro si presta a una lettura sociale: la frontiera diventa metafora dei cambiamenti rapidi e disorientanti della vita contemporanea, mentre il protagonista incarna chi, pur privo di certezze, trova la forza di reagire. Non c’è violenza gratuita, non c’è cinismo, ma una continua tensione verso la possibilità di fare la cosa giusta anche quando è difficile.

In definitiva, Zibibbo Kid è un romanzo sorprendente: divertente senza essere superficiale, leggero senza perdere profondità, ironico ma capace di evocare emozioni sincere. Non reinventa solo il western: reinventa il modo in cui guardiamo agli eroi, ricordandoci che a volte le storie più grandi nascono dai ragazzi che non si sentono affatto grandi.

Un libro che merita di essere letto, condiviso e discusso. Perché la frontiera, oggi più che mai, è dentro ciascuno di noi.

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