L’INTERVISTA/Marracini a ruota libera sullo stallo della sanità sarda: colpa della politica, si è appiattita sulle università

“L’ospedale Brotzu di Cagliari va mantenuto e supportato. Ce ne vorrà prima di chiuderlo. I nuovi ospedali voluti da Solinas? Mah, mi pare più una questione politica e non aggiungo altro perché anche io ho fatto politica”.

Centrista, moderato. E soprattutto consapevole di ogni aspetto quando si parla di Sanità. Sergio Marracini, cagliaritano, è appena andato in pensione dopo una vita di lavoro col camice conclusa con la direzione dell’ospedale Covid più importante della Sardegna, il Santissima Trinità. Quale sarà il suo futuro professionale non si sa (“sto valutando alcune proposte fuori dall’Isola”) ma rilassato sotto il sole di Costa rei in questa intervista fa il punto sulla sanità sarda. Cioè la più grande delle patate bollenti sia per la maggioranza che per l’opposizione. E soprattutto per i cittadini sardi.

Marracini lei ha combattuto in prima linea il Covid. Cosa le rimane di questa esperienza?
Beh, rimane intanto molta stanchezza sotto tutti i punti di vista. Rimangono gli esiti di una polmonite da Covid che però sto recuperando. E poi una grande soddisfazione per come abbiamo saputo gestire a Cagliari questa pandemia. Ci viene riconosciuto un risultato importante sia rispetto alla capacità che abbiamo avuto di contenere la situazione nei nostri ospedali – Santissima Trinità e Binaghi – sia perché abbiamo saputo sorreggere il territorio che si è dimostrato essere un po’ impreparato.

Cosa ne pensa dello stallo in cui si trova la radiologia oncologica in Sardegna?
Beh, questo è un aspetto che, secondo me, va ben oltre la situazione attuale, perché il Businco, che io ho diretto circa 15 anni fa per un anno, era sicuramente un ospedale nato negli anni ‘80 per esigenze di un certo tipo e soprattutto per accogliere un certo numero di pazienti, andava sicuramente rivisto nel tempo. C’è un problema di mancata programmazione di tutta la sanità, sia a livello nazionale che regionale. A mio avviso la politica si è appiattita sulle proposte e sulle esigenze delle università: ha pensato esclusivamente a diminuire il carico di lavoro con conseguenza il numero chiuso all’università, la diminuzione dei posti delle scuole di specializzazione, la diminuzione delle scuole per infermieri e la chiusura degli ospedali. Si è diffusa, soprattutto all’inizio del 2000, la convinzione che la sanità debba essere affidata agli economisti che per fare bella figura, hanno fatto quello che faceva mia mamma quando eravamo piccoli: se non ci sono i soldi, non si comprano le caramelle.

A proposito che ne pensa delle dichiarazioni di Solinas e della proposta di spostare il polo d’eccellenza sanitaria da Cagliari a Sassari? Ci potrebbe essere un conflitto di interesse con Università e i medici di Sassari?

Beh, credo che sia più una questione politica questa, poi non aggiungo altro perché io ho fatto anche politica.

Anni e anni in Consiglio regionale…

Appunto. Ripeto: secondo me è solo una questione legata a una serie di situazioni che tengo per me.

Capitolo Brotzu: meglio ristrutturarlo e ampliarlo o costruire un nuovo ospedale come chiede la giunta Solinas?

Il Brotzu è una realtà che, secondo me, va mantenuta, magari va supportata sotto alcuni punti di vista. Io credo che anche il Brotzu, come anche il Businco, essendo una realtà che è nata parecchi decenni fa, aveva un obiettivo che era legato alla situazione di quel periodo. Probabilmente adesso non regge più l’impatto. Non credo però sia un’operazione che si attuerà in due giorni, fare un nuovo ospedale; quindi, mi sembra un fatto quantomeno azzardato dire “chiudiamo il Brotzu” …passeranno almeno dieci anni prima che ciò accada.

Sabato ci sarà una manifestazione a Cagliari per la sanità pubblica. Che futuro hanno i malati del Centro Sardegna, già più svantaggiati del resto dell’Isola?
Allora, il discorso è complesso perché, quando si parla di territori dobbiamo pensare soprattutto al fatto che bisogna garantire la presenza del sistema sanitario, ma non possiamo pensare che ci sia ovunque lo stesso livello di qualità: è evidente che l’ospedale dove si opera un’appendicite all’anno, è meno sicuro rispetto a quello dove se ne fanno 1000.

Questo cosa vuol dire? Vuol dire che dobbiamo pensare alla rete ospedaliera su diversi livelli di intervento in modo da garantire le urgenze su tutto il territorio. Occorre una distribuzione più intelligente, più razionale, rispetto ai livelli di difficoltà, in modo da garantire ai pazienti la sicurezza dovuta. Questo va fatto ovviamente, considerando tutto il territorio regionale in tutta la sua diversità e complessità.

Per quanto riguarda poi il discorso con la sanità pubblica, sanità privata…Io ho sempre lavorato per il pubblico e la sanità privata in Sardegna, mi sembra sia abbastanza evidente, non garantisce gli stessi livelli di qualità della sanità pubblica. Nel Nord Italia o in Svizzera, la sanità privata è convenzionata e garantisce livelli altissimi di qualità. È ovvio che il compito dello Stato, quindi della regione, è quello di sorvegliare sulla qualità del servizio.

Allora qual è il ragionamento? Il ragionamento è che la sanità pubblica, in Sardegna, fino ad oggi ha garantito mediamente degli standard di qualità buoni ma evidentemente non è così dappertutto. Per esempio, in Svizzera, la stragrande maggioranza delle strutture sanitarie è composta da cliniche private. Questo perché i cittadini hanno l’assicurazione, per cui si fanno visitare dove ritengono che venga garantito il miglior servizio sanitario, sapendo di non dover non pagare perché l’assicurazione baderebbe alle spese. Certo, dovremmo arrivare a questo livello, io sono per questo tipo di soluzione. Il cittadino deve poter scegliere e quindi bisogna diffondere la cultura dell’assicurazione sanitaria anche in Italia. La sanità pubblica può avere un ruolo anch’essa, soprattutto sull’emergenza e urgenza, ma dobbiamo fare in modo che il privato garantisca standard di qualità. Questo sarebbe l’ideale.

Giulia Lecis

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