Legge 119/2017 – LEGGE LORENZIN: profili di incostituzionalità

Legge 119/2017 – LEGGE LORENZIN: profili di incostituzionalità

Sono diverse le leggende metropolitane che narrano che la Corte Costituzionale si sia espressa positivamente sul giudizio di legittimità Costituzionale in via principale del D.L. 73/2017 convertito con modificazioni con la legge 119/2017.

Ma, cosa ha davvero detto la Corte e su quali motivi si è espressa?

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 5/2018, non sì è mai espressa nel merito dell’inoculo o della efficacia e sicurezza dei vaccini, poiché i quesiti posti dalla Regione Veneto con ricorso, si basavano sui seguenti motivi:

  • Primo motivo: Secondo la Regione Veneto non sussisterebbero i presupposti per la decretazione d’urgenza: il decreto-legge sarebbe stato emanato in assenza di una reale emergenza sanitaria che giustificasse l’intervento del Governo. La violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. si ripercuoterebbe sulle attribuzioni regionali, di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., segnatamente in materia di tutela della salute e di istruzione. (Il D.L.73/2017 è stato emanato per una presunta emergenza, c’erano e ci sono ancora le condizioni di preoccupazione di una epidemia di una delle malattie richiamate nel calendario vaccinale?)
  • Secondo motivo: La nuova normativa andrebbe a compromettere il buon andamento dell’amministrazione regionale e, in particolare, la capacità di quest’ultima di erogare servizi sanitari ed educativi, nonché di governare la programmazione scolastica. Inoltre, imponendosi come uniforme, mancherebbe di considerare la più equilibrata ed efficiente attuazione dei principi costituzionali già conseguita in alcune realtà regionali.
  • Terzo motivo: Il motivo di ricorso è legato alla mancata copertura dei maggiori oneri finanziari connessi alle vaccinazioni divenute obbligatorie e agli adempimenti conseguentemente posti a carico delle amministrazioni regionali. in quanto le norme oggetto della censura imporrebbero spese e responsabilità nuove alle amministrazioni sanitarie e alle istituzioni scolastiche ed educative, senza che sia stato previsto, né ovviamente coperto, alcun maggiore onere finanziario.

Le questioni sollevate in relazione alle garanzie costituzionali dell’autonomia legislativa e amministrativa regionale sono state dichiarate dalla Corte Costituzionale in parte inammissibili e in parte non fondate.

Approfondiamo adesso quali sono gli elementi che renderebbero la legge Lorenzin contraria ai principi costituzionali:

L’art. 32 della  Costituzione garantisce la libertà del singolo di non sottoporsi a cure o terapie non scelte o accettate, salvo che ricorra uno «stato di necessità per la salute pubblica» e, inoltre, con la duplice garanzia, sul piano formale, della riserva di legge in materia di trattamenti sanitari imposti e, sul piano sostanziale, del rispetto in tutti i casi dei «limiti imposti dal rispetto della persona umana», a propria volta riflesso del fondamentale principio personalista.

Ricordando che il D.L.73/2017 convertito con modificazioni con la legge 119/2017 è pur sempre un provvedimento provvisorio avente forza di legge. Anche se alcune sentenze girano intorno alla questione, un insegnamento costante riconosciuto da gran parte della dottrina ricorda che: se la riserva di legge è una delle garanzie fondamentali del costituzionalismo democratico, si dovrebbe escludere un intervento da parte del Governo, mediante decreti leggi, in matteria di diritti dei cittadini.

Un principio fondante è il principio di autodeterminazione in quanto, è un principio giuridico che riconosce all’individuo titolare la capacità e la facoltà di scelta autonoma e indipendente riguardo alla propria vita, identità, corpo, e scelte personali, senza subire imposizioni da parte di autorità esterne.  (sono citate al riguardo le sentenze della Corte costituzionale n. 162 del 2014 e n. 207 del 2012), le cui limitazioni devono essere ragionevolmente e congruamente giustificate dall’impossibilità di tutelare altrimenti interessi di pari rango. La dignità della persona umana, quella persona che, come insegna il prof. Antonio Ruggeri, si pone all’inizio e alla fine del percorso costituzionale: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”, conclude così l’art. 32 della Costituzione.

Nessuno può essere chiamato a sacrificare la propria salute a favore degli altri, fossero pure tutti gli altri.

Con quali altre norme andrebbe in contrasto il D.L.73/2017 convertito con modificazioni in legge 119/2017?

La Corte Costituzionale richiama diverse norme internazionali che confermano che gli interventi di profilassi contro malattie infettive e diffusive devono soggiacere a limiti come quelli derivanti dalla necessità di tutelare la vita, l’integrità psico-fisica, la dignità umana e la riservatezza. Sono citati, al riguardo, gli artt. 1 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 (CDFUE), che garantiscono la dignità umana e l’integrità fisica e psichica di ciascun individuo, nonché (art. 3, comma 2) il rispetto del consenso libero e informato della persona in ambito medico e biologico; l’art. 8, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (CEDU), che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare; l’art. 24 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 (per la quale la ratifica e l’esecuzione sono state disposte con legge 27 maggio 1991, n. 176), che tutelano la salute dei minori e garantiscono il loro accesso ai servizi medici; gli artt. 5, 6 e 9 della

Convenzione sui diritti umani e la biomedicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997 (per la quale la ratifica e l’esecuzione sono state disposte con legge 28 marzo 2001, n. 145), il primo dei quali, in particolare, sancisce come regola generale la necessità del consenso libero e informato dell’interessato ai trattamenti sanitari (ancorché per questa convenzione non sia stato depositato lo strumento di ratifica, essa avrebbe almeno valenza interpretativa del diritto vigente, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità).

Facendo un ultimo richiamo alla sentenza n. 5/2018, la Corte Costituzionale esprime un concetto importante, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. – il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili.

Aldilà del fatto che i vaccini non sono e non possono essere qualificati come trattamento sanitario, proprio per la natura e la loro qualificazione e obiettivi, resta di fatto che ad oggi nè il Ministero della Salute né le Regioni, si siano attivate per aggiornare le conoscenze medico-scientifiche, la guida alle controindicazioni è ferma al 2018 e così come la farmacovigilanza, di cui parlerò in un prossimo articolo.

Infine, altri profili di incostituzionalità possono essere ravvisati leggendo l’art. 3 della Costituzione, “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Senza contare il fatto che fra i medesimi fanciulli non in regola col calendario vaccinale viene posta in essere una ulteriore discriminazione in base all’età del bambino: dai 6 anni in su si può frequentare la scuola (perché non si può negare il diritto all’istruzione) mentre viene messa in discussione la frequentazione di materna e asilo per i più piccoli.

Francesco Paolo Cinquemani

*avvocato

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