Nel precedente approfondimento pubblicato il 18 agosto, ho scritto del Ponte sullo Stretto come un’ambiziosa promessa ingegneristica che, dietro la retorica del progresso, nascondeva squilibri territoriali, ritorni economici discutibili e una gestione opaca. È stato messo in luce come i benefici reali si concentrino altrove — in particolare al Nord — mentre Sicilia e Calabria restano spettatrici di un’opera che avrebbe dovuto servire proprio loro.
Oggi, a distanza di poche settimane, torno sull’argomento con nuovi elementi che non solo confermano i dubbi sollevati, ma ne amplificano la gravità. Le osservazioni della Corte dei Conti, le richieste di chiarimento da parte della Commissione Europea e le evidenze tecniche emerse dimostrano che il progetto del Ponte non è semplicemente controverso: è fallimentare fin dalle sue fondamenta.
Quello che segue è un’inchiesta che raccoglie e analizza le ultime criticità emerse, tracciando il profilo di un’opera che, più che un sogno sospeso tra due sponde, rischia di diventare il monumento definitivo all’inefficienza e alla propaganda infrastrutturale
La Corte dei Conti: “Procedure opache, costi ingiustificati”
Il 24 settembre 2025, la Corte dei Conti ha inviato sei pagine di rilievi alla Presidenza del Consiglio. Il tono è tutt’altro che interlocutorio: si parla di “assenza di motivazioni puntuali”, “disallineamenti economici” e “mancata acquisizione di pareri tecnici fondamentali”.
Tra i punti critici:
- Mancata consultazione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
- Esclusione dell’Autorità di regolazione dei trasporti.
- Deroghe ambientali giustificate con una presunta “valenza militare” del ponte, mai confermata da fonti NATO.
- Aumenti inspiegabili nei costi per la sicurezza e le opere compensative.
Bruxelles chiede chiarimenti: rischio procedura d’infrazione
La Commissione Europea ha chiesto al governo italiano di fornire spiegazioni sull’impatto ambientale e sulle modalità di appalto. Le deroghe ai vincoli europei, come la Direttiva Habitat, e l’assenza di alternative progettuali credibili, potrebbero portare a una procedura d’infrazione.
Un bluff infrastrutturale
Secondo Alessandro Giannì di Greenpeace, “il ponte è un azzardo che rischia di desertificare il resto del sistema di trasporti”. Le associazioni ambientaliste parlano di “opera inutile e imposta dall’alto”, mentre il Comitato “Invece del ponte” denuncia “una sequela di forzature e violazioni”.
Conclusione: il fallimento è sistemico
Il Ponte sullo Stretto non è solo un progetto fallimentare: è il simbolo di un modello decisionale che ignora dati, pareri tecnici e sostenibilità. La bocciatura della Corte dei Conti non è un incidente di percorso, ma la conferma che l’opera non regge alla prova dei fatti.
Il Paese merita infrastrutture pensate per i cittadini e non per la propaganda politica.
Francesco Paolo Cinquemani
*avvocato