La musica come cura. L’intervista a Marinella Maggiori, Presidente AIM e musicoterapeuta del Centro Terapeutico dell’Antoniano

Situato nel cuore di Bologna, il Centro Terapeutico dell’Antoniano è, da oltre 40 anni, il luogo per eccellenza dove la musica diventa il linguaggio universale della cura. Marinella Maggiori, presidente dell’Associazione Italiana Professionisti della Musicoterapia (AIM), è musicoterapeuta presso questa struttura e si dedica ai trattamenti riabilitativi musicali per bambini affetti da disabilità e disturbi dell’età evolutiva. Recentemente, l’Antoniano ha registrato un notevole aumento delle richieste di assistenza per bambini con disturbi dello spettro autistico. Le musicoterapeute hanno constatato, infatti, un incremento del 30% nell’assistenza e nel trattamento di questa specifica tipologia di disturbo, confermando l’importanza crescente della musicoterapia nell’ambito terapeutico.

Come si svolge la presa in carico del paziente nel vostro Centro?

Lavoriamo con varie modalità. La presa in carico è sempre individuale e dopo una conoscenza e l’instaurarsi di una relazione col paziente, quello che viene valutato e definito è appunto se continuare il percorso individuale o iniziare in un piccolo gruppo, ovvero formazioni da minimo 4, massimo 5 pazienti. Sono gruppi molto piccoli che teniamo terapeuta e co-terapeuta, che hanno funzioni specifiche di contenimento e di espressione, con cui si va a lavorare sempre nella direzione di continuare a perseguire quelli che sono gli obiettivi riabilitativi per i bambini.

La formazione di questi piccoli gruppi di lavoro, quale criterio segue? Lavorate su gruppi omogenei?

Si, lavoriamo su gruppi omogenei per patologia, come nel caso dei gruppi di bambini autistici o sindromici. Noi valutiamo sempre, però, oltre alla patologia, l’approccio che hanno i bambini e il livello cognitivo e cioè quanto è possibile lavorare in una certa direzione piuttosto che in un’altra perché, ovviamente, essendo poi diversi gli obiettivi di lavoro, è importante che ci sia omogeneità proprio a livello cognitivo, non tanto di età ma proprio a livello di modalità di partecipazione.

Il Centro Terapeutico dell’Antoniano ha registrato un aumento di accessi di bambini con diagnosi dello spettro autistico, avete notato un aumento di questa utenza anche per quanto riguarda la musicoterapia?

Assolutamente sì. In Emilia-Romagna abbiamo registrato un aumento del 250% di quelle che sono le diagnosi di autismo e in questi due anni la richiesta di musicoterapia per questa patologia è aumentata del 30%. Qui nel Centro Terapeutico, attualmente abbiamo in presa in carico una cinquantina di bambini e questo, probabilmente, è dovuto in parte a una maggiore consapevolezza e a diagnosi più precoci ed efficaci. La nostra è una visione a 360°, cerchiamo di essere attenti e cerchiamo di accompagnare i nostri piccoli pazienti in ogni percorso che è sempre diverso perché anche ogni autismo è diverso dall’altro e noi ci teniamo a fare in modo che il lavoro sia inerente e condiviso in modo da accompagnarli nel loro futuro.

Qual è l’utenza a cui vi dedicate nel Centro Terapeutico dell’Antoniano?

Nel Centro, siamo due colleghe e lavoriamo praticamente a tempo pieno con una un’utenza che è tra le più variegate nell’area della neuropsichiatria infantile. Negli ultimi anni abbiamo registrato un significativo aumento di prese in carico di bambini e di ragazzi dello spettro autistico, ma in realtà lavoriamo anche con tutte quelle che sono le sindromi genetiche, le patologie rare e anche tutta quella parte di disabilità molto grave che consegue alle paralisi cerebrali infantili o le encefalopatie… diciamo che abbiamo uno spettro abbastanza vasto rispetto a tutte quelle che sono le disabilità e le fragilità nella fascia 0 -18 anni. In realtà poi lavoriamo anche con alcuni dei nostri ormai affezionati pazienti che sono passati oltre i 18 anni, soprattutto in piccoli gruppi. Quello che accade in Italia è un po’ questo: i pazienti sono presi in carico dai servizi fino ai 18 anni ma poi varcata la soglia della maggiore età, tutto diventa molto più fumoso e complesso, e tutte quelle che erano le attività di presa in carico in realtà vengono un po’ a mancare. Noi manteniamo attivo con loro il servizio di musicoterapia, nonostante l’età: per lo Stato è un problema anagrafico ma, secondo noi, se il giorno prima di compiere 18 anni la musicoterapia e le altre attività facevano bene, dal giorno dopo non possono non essere più adatte, e quindi, negli anni, abbiamo risposto anche a questa richiesta.

Parliamo di musicoterapia, come si svolgono le sedute e quali attività proponente ai giovani pazienti?

Il lavoro che noi facciamo è sempre basato sull’improvvisazione musicale, quindi su tecniche attive di lavoro che comprendono l’improvvisazione musicale, ovvero suonare gli strumenti che sono all’interno del setting ovviamente non in maniera convenzionale, perché giustamente i nostri pazienti non hanno competenze specifiche sugli strumenti. Utilizziamo tanto anche la voce e quando possibile usiamo le canzoni molto utili soprattutto con un bias cognitivo dove possiamo lavorare anche su obiettivi che riguardano la formazione di parole collegate alle immagini. In questo caso di viene molto in aiuto la Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA)  con la quale usiamo alcune canzoni del vecchio repertorio dello Zecchino D’Oro…in questo momento mi viene in mente, ad esempio, “Il caffè della Peppina”, molto utile perché le parole del testo sono legate a terminologie della routine quotidiana come “caffè”, “colazione”, che vengono poi riportate nella vita quotidiana e quindi ci permette di utilizzare le canzoni in modo funzionale ovviamente divertendoci, perchè la motivazione a cantarle e ad ascoltarle musicalmente, è quella che fa poi scattare l’attenzione. Noi raramente utilizziamo tecniche passive come un ascolto per rilassamento perché appunto preferiamo un’interazione più attiva con i bambini.

Come descriverebbe la musicoterapia a chi non la conosce?

La musicoterapia, e l’uso della musica in generale, ci permette intanto di valorizzare e produrre il nostro suono, qualunque esso sia, e di trasformare la musica di ognuno in una musica condivisa che è un po’ come nella vita di tutti i giorni, no? Quando qualcuno ci ascolta e ci rimanda qualcosa di nostro, noi stiamo meglio, ci sentiamo accolti e ascoltati. Ecco, la musicoterapia è un viaggio relazionale all’interno del nostro suono e del suono che possiamo produrre insieme. È entrare nel suono personale e suonare insieme, creare una nuova musica insieme, e questo ci offre la possibilità di ascoltarci e entrare in empatia con persone che non possono esprimersi perché non hanno la parola, permettendoci di metterci comunque in relazione profonda con loro. La musica non è solo arte, è emozione, sensazioni e coinvolgimento. È come se fosse un’altra forma di comunicazione, un linguaggio universale che chiunque comprende e riconosce. È per questo che la musicoterapia è efficace e porta a risultati straordinari, in particolar modo per i soggetti autistici.

Giulia Lecis