È davvero obbligatoria la carta d’identità elettronica (CIE)? (di Francesco Paolo Cinquemani)*

È davvero obbligatoria la carta d’identità elettronica (CIE)? (di Francesco Paolo Cinquemani)*

Correva l’anno 2011 quando Mario Monti affermava: “Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata”.

Cedere sovranità nazionale all’Europa a quale scopo?

Ecco che Klaus Schwab con il suo libro “La quarta rivoluzione industriale” e con l’agenda di DAVOS 2030, ci ha già anticipato gran parte del programma e delle finalità che porteranno alle Smart city e alla digitalizzazione di tutti i nostri dati.

Iniziamo col dire che, uno dei nuovi mezzi di controllo dei cittadini avviene tramite la carta d’identità elettronica (CIE) che in molti Comuni viene proposta dal funzionario come unica possibilità, visto il rifiuto categorico da parte dei funzionari di rilasciare la vecchia carta d’identità cartacea.

Il rifiuto del rilascio della carta d’identità cartacea, agevolerà il sistema europeo di identità digitale che verrà attivato nei prossimi mesi mediante un prototipo di APP. Un passo avanti verso il progetto di un wallet dove in futuro i cittadini europei potranno caricare all’interno dell’APP una serie di documenti d’identità e di informazioni personali, sulla falsariga delle APP del green pass. È un progetto a cui Bruxelles tiene molto e che ha già mobilitato 37 milioni di investimenti. L’obiettivo della Commissione è avere pronto il sistema comune di identità digitale entro il 2025. Ovviamente l’ago della bilancia siamo sempre noi! Basta solo tenerlo bene a mente.

Vi spiego in breve come funziona la CIE, e cosa bisogna fare per evitare di farsela assegnare.

La CIE è un documento di identificazione, la sua emissione è riservata al Ministero dell’Interno che la realizza in collaborazione con:

  • Ministero dell’Economia e delle Finanze
  • Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
  • Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  •  Comuni
  •  Centro Nazionale Trapianti

Per fare tutto ciò hanno bisogno dei nostri dati biometrici.

Cosa sono i dati biometrici e a cosa servono?

dati biometrici sono speciali dati personali che riguardano caratteristiche uniche e ben precise utili per identificare e autenticare in maniera univoca una persona fisica.

Nello specifico è il GDPR a fornire una definizione dettagliata, definendoli nell’art.4, par.1, n.14 “dati personali ottenuti da un trattamento tecnico specifico, relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica e che ne consentono o confermano l’identificazione univoca, quali l’immagine facciale o i dati dattiloscopici”.

Tra i tratti più rilevanti troviamo l’impronta digitale, il DNA, la fisionomia del viso, la forma e le linee delle mani, il colore degli occhi, la dimensione dell’iride e altro …

I dati biometrici hanno un’enorme importanza perché vengono raccolti grazie a dei database che li memorizzano in un sistema per poi confrontarli con i dati rilevati successivamente inseriti.

Ma ecco che interviene il GDPR, ossia il regolamento europeo (RE 679/2016), per il trattamento dei dati personali entrato nella sua piena operatività nel maggio del 2018, il quale stabilisce le modalità con cui si devono gestire i dati biometrici assicurando il massimo livello di sicurezza.

In linea generale l’utilizzo di questi dati è vietato e non è possibile sfruttarli per tornaconto personale, a scopo di lucro o per fini illeciti.

I dati biometrici sono infatti dati sensibili e come tali, devono essere tutelati salvaguardando la privacy di privati e aziende.

Ecco perché il GDPR ha previsto al paragrafo 2 dell’art.9 le deroghe al divieto, ma qui ne riportiamo due:

  • Previo consenso dell’interessato
  • Per tutelare la vita dell’interessato o di un’altra persona fisica

Cosa fare per evitare la CIE?

Anzitutto è bene ricordare che secondo l’art. 35 del DPR 445/2000, rubricato “documenti d’identità e di riconoscimento” dispone: “Sono equipollenti alla carta di identità il passaporto, la patente di  guida,  la  patente nautica, il libretto di pensione, il patentino  di  abilitazione  alla  conduzione di impianti termici, il porto  d’armi,  le  tessere  di  riconoscimento,  purché  munite  di fotografia  e  di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un’amministrazione dello Stato”.

Seconda cosa importante da sapere sulla CIE è che, deve essere richiesta, non è obbligatoria e la si può rifiutare.

Il sito ufficiale del governo riporta che: “Puoi richiedere l’emissione della Carta di Identità Elettronica (CIE) presso il tuo Comune di residenza o domicilio oppure, se sei un cittadino italiano residente all’estero, presso il tuo Consolato di riferimento.”

Quindi non è obbligatoria, pertanto se non è richiesta, il funzionario è costretto a rilasciare la carta d’identità cartacea.

Se questo dovesse (per ordini superiori o per non conoscenza delle disposizioni governative) continuare a insistere sulla CIE, potete rifiutare il consenso al trattamento dei dati biometrici, facendo riferimento all’art. 7 del GDPR 679/2016 rubricato “Disposizione per il consenso”, il quale dispone che: “Qualora il trattamento sia basato sul consenso, il titolare del trattamento deve essere in grado di dimostrare che l’interessato ha prestato il proprio consenso al trattamento dei propri dati personali”.

Inoltre bisogna sapere che:

I Comuni sono obbligati a rilasciare il vecchio documento cartaceo nelle seguenti ipotesi:

–    motivi di salute che impediscono al soggetto di recarsi presso gli uffici comunali;

–    viaggio all’estero in data imminente;

–    visita medica per accertamento invalidità in data vicina;

–    partecipazione a concorsi pubblici in data imminente;

–    consultazione elettorale.

Chi si trovi in una simile situazione può chiedere il rilascio del documento cartaceo a vista.

Ai sensi dell’art. 66, commi 3 e 4, del decreto legislativo 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale) ci sono dati obbligatori e dati facoltativi che il richiedente può scegliere di non inserire nella CIE.

Dati obbligatori:

– i dati identificativi della persona, cioè nome, cognome, luogo e data di nascita

– il codice fiscale

Dati facoltativi, a richiesta dell’interessato ove si tratti di dati sensibili:

– gruppo sanguigno,

– scelta se donare gli organi,

– dati biometrici primari (immagine del volto) e secondari (impronte digitali) con esclusione, in ogni caso, del DNA,

– numeri di telefono,

– indirizzi di posta elettronica.

Chi ha già una CIE o ha difficoltà a ottenere una Carta d’identità cartacea sappia che:

il Regolamento 2019/1157 prevede che i dati biometrici siano inseriti solo nella tessera consegnata al cittadino e che debbano essere cancellati dall’amministrazione entro 90 giorni dal rilascio della CIE.

La CIE, per diventare un documento di identità digitale, deve essere attivata con un’applicazione per telefonia mobile oppure dal sito dedicato gestito dal Ministero dell’Interno. Se non attiviamo volontariamente la CIE questa sarà considerata alla stregua del documento di identità cartaceo senza diventare un documento elettronico e non ci sarà, quindi, nessuna differenza con il vecchio formato cartaceo.

Inoltre sempre ai sensi dell’art. 7 del GDPR 769/2019 comma 3: “L’interessato ha il diritto di revocare il proprio consenso in qualsiasi momento. La revoca del consenso non pregiudica la liceità del trattamento basata sul consenso prima della revoca. Prima di prestare il proprio consenso, l’interessato è informato di ciò. Il consenso è revocato con la stessa facilità con cui è accordato”.

Francesco Paolo Cinquemani

*avvocato

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