La città di 15 minuti, un recinto videosorvegliato (di Francesco Paolo Cinquemani)*

La città di 15 minuti, un recinto videosorvegliato (di Francesco Paolo Cinquemani)*

Per arrivare a scrivere oggi delle città di 15 minuti, siamo dovuti partire dalla carta d’identità elettronica (CIE), dalle cities 40 e dai crediti carbonio. Questo argomento è davvero importante ed è ciò che sta accadendo davanti ai nostri occhi senza che ce ne rendiamo conto.

Guardate bene l’immagine di copertina, diversi cartelloni pubblicitari sparsi per Roma mostrano con assoluta tranquillità che la CIE e le città di 15 minuti sono collegati. Cos’è che collega la CIE e le città di 15 minuti? Se state pensando a noi e i nostri dati biometrici, siete sulla giusta strada, ma per capire perché, dobbiamo andare a spiegare in cosa consistono queste città di 15 minuti.

Prima però, voglio farvi una domanda, avete mai visto un animale libero in natura costruirsi un recinto da solo per restarci bloccato dentro?

Adesso possiamo iniziare col dire che i promotori delle città da 15 minuti sono le Cities C40, le quali sostengono che questo progetto ridurrà le emissioni e migliorerà la qualità della vita dei residenti.

Una teoria che influenza leggi e delibere, dominando buona parte dei progetti infrastrutturali riguardanti il modo in cui si potranno spostare i cittadini d’Europa.

La “Città dei 15 minuti” ha origine in Francia ma subito trova applicazione in Gran Bretagna, ed oggi affascina i sindaci di Roma, Torino e Milano.

Il progetto mira a ridisegnare i quartieri ed avvicinare i servizi essenziali ai residenti, in modo tale che siano raggiungibili a piedi o in bici in 15 minuti, allo scopo di migliorare sia l’aria, sia la qualità della vita e soprattutto ridurre le emissioni di CO2.

Se pensiamo ai look-down della pandemia, con le zone colorate e le restrizioni di movimento all’interno dei propri quartieri, sembra che siano stati solo dei test per abituarci a ciò che ci vogliono imporre in modo permanente. Se guardiamo l’altro lato della medaglia sembra essere il modo indolore ed edulcorato per impedire la libera circolazione.

Ma andiamo avanti.

La struttura di questo modello di Città vuole ridurre spazio e tempo nelle attività quotidiane, in cui i quartieri saranno tutti multiculturali, per migliorare la partecipazione della comunità al processo unificazione culturale, ergo una sola cultura. Ed infine uno dei componenti è la digitalizzazione, è un aspetto chiave della città di 15 minuti derivata dalle città intelligenti, dal momento che la quarta rivoluzione industriale (che Klaus Schwab aveva già anticipato nel suo libro) e che stiamo vivendo da ormai più di 3 anni, ha ridotto la necessità di pendolarismo a causa dell’accesso a tecnologie come lo smart working e lo shopping online.

La Città di 15 minuti è un progetto di riorganizzazione degli spazi urbani, che tristemente possiamo definire “acquartieramento” o ghetti da 15 minuti, e prevede infatti che i residenti di un dato quartiere debbano vivere entro uno spazio di 15 minuti.

Oxford al momento è la città in cui il progetto è più avanzato, con i filtri per il traffico mira a ridurre l’uso dell’auto come parte della Strategia di sviluppo 2040 della città di Oxford.

Secondo il piano di filtraggio, l’Oxfordshire sarà diviso in sei distretti. A partire dal 2024, i residenti potranno guidare all’interno dei loro quartieri, ma le telecamere per il riconoscimento delle targhe multeranno di 70 sterline le auto private che supereranno un filtro senza permesso. I veicoli come le biciclette e i mezzi pubblici saranno esenti.

I residenti possono richiedere un permesso per guidare attraverso i filtri fino a 100 giorni all’anno, mentre chi vive al di fuori delle zone può richiedere un permesso per un massimo di 25 volte all’anno.

Parliamo adesso dell’Italia, dove sul sito del Comune di Roma viene pubblicizzata la Città di 15 Minuti e il sindaco Gualtieri ha già cambiato il nome dei dipartimenti in: ROMA CAPITALE – Dipartimento decentramento Servizi Delegati e Città di 15 Minuti.

Già in diverse conferenze lo stesso sindaco ha annunciato la creazione di un’immensa zona verde dotata di 51 varchi, ovviamente tutti dotati di telecamere di videosorveglianza, da cui si prevede di escludere, a partire da ottobre, con sanzioni applicate da novembre, in modo progressivo tutte le auto che non corrispondono a certi parametri ecologici, fino al 2023 restano fuori le auto da euro 1 a euro 4 e dal 2024 le auto euro 5.

Dietro la facciata green “ambientalista” si nasconde il progetto politico finanziario di ghettizzare le comunità in classi basse e medie.

Le scelte politiche locali, nazionali e globali, stanno limitando la nostra libertà di movimento e spostamento all’interno non solo del nostro territorio, ma all’interno delle nostre città, e ciò in violazione dell’articolo 13 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Francesco Paolo Cinquemani

*avvocato

Fonti:

Testo soggetto a Copyright