Il decreto PNRR . approvato il 26 febbraio scorso dal consiglio dei ministri, dà vita ufficialmente all’IT Wallet, ovvero al Sistema di portafoglio digitale italiano, che sarà reso disponibile a tutti gli italiani nell’app IO dal 4 dicembre, 2024, secondo quanto annunciato dal Governo a ottobre 2024.
Il Governo Italiano sempre con più insistenze ci spinge verso l’agenda digitale 2030.
Il Sistema IT-Wallet o portafoglio digitale, introdotto dal decreto PNRR, è un sistema di portafoglio digitale che consente di conservare sull’app IO la versione digitale della Patente di guida, della Tessera Sanitaria – Tessera Europea di Assicurazione Malattia e della Carta Europea della Disabilità.
Disponibile da dicembre 2024 per tutti gli italiani il sistema di portafoglio digitale sull’app IO, Viene presentato come uno strumento per migliorare la comodità, la sicurezza e l‘interazione con i servizi online, soprattutto della PA.
Addirittura viene riportato come tale innovazione posizioni l’Italia come “leader europeo nell’identità digitale “, che suona meglio rispetto a “siamo il paese pilota che sperimenta le prime fasi delle città intelligenti da 15 minuti “con tutte le implicazioni che ne deriveranno, anche in termini di crediti carbonio.
Argomento che ho già approfondito nell’articolo trattato qui:
Peccato che, prima di tutto ciò, ci sia un problema di sicurezza che riguarda tutti questi dati online, in mano alla pubblica amministrazione.
Allora sentiamo le dichiarazioni degli esperti.
“Dopo due anni di lavoro costante e discreto, il governo ha mosso il primo passo verso la realizzazione del Sistema IT-Wallet, una rivoluzione digitale che ho fortemente sostenuto fin dal mio insediamento e che andrà a regime nel 2025. Con l’introduzione dell’IT-Wallet, e anticipando i tempi del regolamento europeo EIDAS 2, l’Italia intraprende un percorso ambizioso verso l’evoluzione dei servizi digitali. Questo strumento offrirà ai cittadini nuove opportunità per l’utilizzo della loro identità digitale, garantendo al tempo stesso massima sicurezza e tutela dei dati personali.” ha dichiarato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica Alessio Butti.
Cavolo sembra quasi convincente e ammaliante tutto ciò ma, non sono ancora convinto visto che ad aprile 2021 l’allora ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao dichiarava: “L’ultimo censimento del patrimonio delle infrastrutture di elaborazione dati della Pubblica Amministrazione ha rilevato come circa il 95% delle infrastrutture dati di quest’ultima sia privo dei requisiti minimi di sicurezza e affidabilità, necessari per fornire servizi e gestire dati”.
Beh però è una affermazione del 2021, magari oggi nel 2024 le cose saranno cambiate, quindi proviamo a sentire sempre questi esperti.
Nell’ ottobre 2024 l’ex ministro Vittorio Colao dichiara: “Per difenderci dagli hacker servono meno filosofi e più trentenni esperti di tecnologia, pagati come si deve” ed ancora: “Il mondo politico deve capire meglio e affrontare più rapidamente la complessità dei temi legati al digitale”.
A dare finalmente una notizia certa su come stiano veramente le cose e quindi se i nostri dati digitalizzati siano al sicuro oppure no, è l’agenzia ANSA, che in un articolo riporta:
“L’hacker 24enne Carmelo Miano, arrestato dalla Polizia Postale nell’ambito di indagini coordinate dalla Procura di Napoli con l’accusa, tra l’altro, di avere violato i server del Ministero della Giustizia, era in possesso, tra Firenze, Perugia e Torino, di ben 46 password di altrettanti magistrati inquirenti, tra cui anche quelle dei procuratori di Perugia e di Firenze”.
La circostanza emerge dagli approfondimenti investigativi eseguiti dalla Procura di Napoli sulle informazioni acquisite e analizzate dagli inquirenti nell’ambito dell’indagine sulle incursioni dell’hacker siciliano.
Ad Ansa è stato riportato dall’avvocato dell’hacker che: “…ma ho quasi la sensazione che le porte del sistema informatico che Miano ha utilizzato siano state lasciate aperte per altre incursioni, molto più gravi e preoccupanti di quelle che ha commesso il ragazzo” e inoltre: “Tutta la posta dei magistrati italiani era alla sua mercé, e non aveva neppure compiuto venti anni quando ha fatto accesso alle caselle di posta dove vengono trasmesse tutte le notizie di reato, gli ordini di fermo, le misure cautelari, i decreti di intercettazione di tutte le procure e le Dda d’Italia”.
In un simile scenario, mi domando, se abbia senso attivare un servizio come IT Wallet che, per quanto apparentemente utile e vantaggioso, esponga addirittura i documenti personali e le informazioni particolari dei cittadini italiani ad un altissimo rischio di sottrazioni ed utilizzi malevoli della identità digitale?
Sorge spontaneo chiedersi se non si tratti di un ulteriore tentativo di controllare in modo più capillare le azioni e le transazioni di ciascun singolo cittadino. “Peccat, non fallitur, qui male cogitat!” diceva il Cardinale Tardini (che Giulio Andreotti tradusse in “Sospettare è peccato, però ci s’indovina!”).
Auspico veramente che gli italiani smettano di abboccare al fascino della digitalizzazione a qualsiasi costo, che tutto è, tranne che libertà.
Francesco Paolo Cinquemani
*avvocato